
Ripartire da Pietro Calamandrei
Breve viaggio attraverso le parole di Pietro Calamandrei, uno dei padri più nobili della Costituzione.

« Il n’y a pas d’ hasard, il n’y a que des rendez-vous» affermava il poeta Paul Eluard: niente avviene per caso. Così, una crisi conduce ad un incontro. Si lanciano sassi nello stagno: le sinapsi si attivano, i legami si creano e si consolidano.
Lo stagno è Fénis. E Fénis risuona di quei movimenti concentrici dell’acqua che hanno catturato gli sguardi degli insegnanti che non vogliono più abdicare al proprio ruolo. Movimenti circolari, quasi ipnotici che fanno pensare e approfondire e aggiungono conoscenza alla consapevolezza.
“La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione” La citazione del discorso di Piero Calamandrei, pronunciato nel lontano 1950 al Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, fa parte di uno dei sassi lanciati nello stagno che ha provocato una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria storica della Scuola.
Prima di permettere alla mente di iniziare ad accettare e censurare, respingere e collegare, costruire e distruggere, occorre conoscere il sasso.
Chi è Piero Calamandrei?
Nato a Firenze nel 1889, si laureò in legge a Pisa nel 1912. Partecipò alla Grande Guerra come ufficiale volontario combattente; subito dopo l’avvento del fascismo fece parte del consiglio direttivo dell’«Unione Nazionale» fondata da Giovanni Amendola. Durante il ventennio fascista fu uno dei pochi professori che non ebbe né chiese la tessera continuando sempre a far parte di movimenti clandestini.
Presidente del Consiglio nazionale forense dal 1946 alla morte, fece parte della Consulta Nazionale e della Costituente in rappresentanza del Partito d’Azione.
Costituzione e Scuola
Mai come in questo periodo i termini Scuola e Costituzione sono stati pronunciati così insistentemente e crediamo che se si fosse mantenuta, nei decenni passati, l’abitudine di nominarle come concetti imprescindibili, così come sta accadendo ora, Scuola e Costituzione godrebbero di miglior salute.
La stretta relazione che intercorre tra la Scuola e la Costituzione emerge in maniera importante proprio tra le righe del discorso tenuto dal Professor Piero Calamandrei.
Onori e Oneri
Non è un caso che siano stati proprio gli insegnanti ad iniziare ad organizzarsi per la resistenza. Apparentemente potrebbe trattarsi solo di una questione temporale. In realtà, se andiamo in profondità e ci interroghiamo, emerge il nostro compito principale: formare le coscienze.
Se gli insegnanti stanno alla base di tutte le altre categorie di lavoratori, è un fatto naturale, anche se non sempre consapevole, che siano stati proprio loro a dare il via al movimento.
Non tutti. Del resto non tutti gli insegnanti scelgono di essere insegnanti perché mossi dalla passione e dalla consapevolezza di essere gli artefici del futuro delle generazioni.
Nel suo discorso Calamandrei afferma che la “scuola corrisponde alla Costituzione democratica ed è lo strumento perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà […].
Da questa prospettiva la Scuola è un organo “costituzionale” che riveste una grande importanza perché collocata al centro della democrazia..
“Facendo un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue”.
Ogni sacrosanto anno.
“La scuola, come organo centrale della democrazia, ha il compito di favorire la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti”
La scuola della Repubblica, la scuola dello Stato, non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito”
Ma c’è un modo per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito? Chiaramente al giorno d’oggi potremmo cambiare il termine partito con “finanza mondiale”? Interessi economici?
“Sì: Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura… Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle”
Non ci siamo forse detti che siamo di fronte ad un pensiero unico, totalitarista che tende a manipolare la realtà delle cose, e a opprimere la libertà del singolo e della sua autodeterminazione?
“E poi c’è un altro pericolo forse anche più grave. È il pericolo del disfacimento morale della scuola. È il tramonto di quelle idee della vecchia scuola che era una scuola del carattere, formatrice di coscienze, formatrice di persone oneste e leali. Si va diffondendo l’idea che tutto questo è superato, che non vale più. (…) Quello che soprattutto spaventa sono i disonesti, gli uomini senza carattere, senza fede, senza opinioni. Questi uomini che dieci anni fa erano fascisti, cinque anni fa erano a parole antifascisti, ed ora son tornati, sotto svariati nomi, fascisti nella sostanza cioè profittatori del regime”.
Le strane alleanze e i salti da una riva all’altra, detti in gergo “della quaglia” sono sempre più frequenti nel panorama politico italiano.
“E c’è un altro pericolo: quello di lasciarsi vincere dallo scoramento. Ma non bisogna lasciarsi vincere dallo scoramento. Vedete, fu detto giustamente che chi vinse la guerra del 1918 fu la scuola media italiana, perché quei ragazzi, di cui le salme sono ancora sul Carso, uscivano dalle nostre scuole e dai nostri licei e dalle nostre università. Però guardate anche durante la Liberazione e la Resistenza che cosa è accaduto. È accaduto lo stesso. Ci sono stati professori e maestri che hanno dato esempi mirabili, dal carcere ai martiri”
Ora, la situazione rispetto agli anni in cui si è sviluppato il dibattito, è sicuramente diversa, ma quello che occorre sottolineare è che dal punto di vista giuridico del discorso di Calamandrei, si può innestare una serie infinita di reazioni a catena che coinvolgono nella loro caduta analogie e ricordi, significati e sogni in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria storica della Scuola.
L’autorevolezza si recupera attraverso la conoscenza e la coscienza del nostro ruolo.