Pensieri da sospesa
Sono sospesa da fine gennaio.
Inizia così il mio racconto di questo periodo. Inizio dalla fine, inizio dal momento in cui ho avuto il tempo di riflettere e di pensare ai miei anni dedicati completamente alla scuola e ai miei alunni. Ho riflettuto sui molteplici corsi di aggiornamento seguiti, perché ritenevo indispensabile l’aggiornamento per una ricchezza metodologica e un ampliamento dell’offerta formativa. Ho ripensato, inoltre, a tutti i soldi che in questi ventiquattro anni di lavoro ho speso per la scuola: acquisto di materiali e libri per i bambini, acquisto di materiale per la scuola, come arredi e cancelleria, acquisto di materiali per creare e fare delle attività più divertenti e più stimolanti. Per non parlare di tutto il tempo dedicato alla scuola, anche a casa, i sabati e le domeniche, tempo sottratto a mia figlia e alla mia famiglia. L’ho fatto perché ci credevo e ci tenevo sinceramente. Ho ricordato i tre mesi e mezzo di Dad, le lezioni preparate con accortezza per tutte le discipline, le videolezioni e le videoconferenze con i bambini, la correzione dei compiti in modalità online, l’aiuto dato ai colleghi in difficoltà, a volte, non bastavano le ore del giorno, e non esisteva più il tempo libero.
Questa volta, invece, ho deciso di mettere davanti a ogni cosa, davanti anche alla scuola e ai miei alunni, la mia salute. Ho deciso di fare una scelta diversa, ho deciso di non sottopormi a un obbligo vaccinale estemporaneo, non previsto dal nostro contratto di lavoro. Per una volta ho deciso di scegliere per me, per il mio bene. E questa scelta mi è costata cara.
Io non sono una novax, non sono neanche una di quelle che dice “non so cosa c’è dentro”, io ho solo tanta paura di questa terapia, ho paura dei medicinali e delle cure mediche, perché da anni ho reazioni avverse a qualsiasi tipo di farmaco io prenda.
Nel mese di novembre sono stata chiamata per un tanto atteso intervento e al medico chirurgo ho chiesto espressamente, per non perdere troppi giorni di scuola, se fosse possibile fare l’intervento a cavallo delle vacanze di Natale. Non avrei mai pensato a quello che è, poi, successo.
Dolorante, non ancora ripresa dall’intervento, sono stata sospesa, perché, nel frattempo, era stato deciso l’obbligo vaccinale anche per coloro che erano in malattia. La disperazione è arrivata subito. Mi sono sentita abbandonata, umiliata, tradita dallo Stato, dalla scuola, dal mio stesso dirigente. Mi sono chiusa in me stessa, non uscivo più, anche se mi era stato detto di camminare tanto, ho pianto, ho pianto tanto, disperatamente.
Non ho sparso molto la voce, perché mi sentivo in difetto e, poi, perché tutti sapevano che io ero in malattia.
Poi, ho incominciato a sentire persone che erano nelle mie stesse condizioni e mi ha fatto piacere parlare con altra gente che si sentiva esattamente come me. Ci siamo dati forza, ci siamo dati coraggio, ognuno con motivazioni differenti e pronto ad aiutare e a spendere tempo per l’altro.
Nel frattempo, continuavo a ripensare ai miei anni di insegnante, al mio percorso scolastico, al mio impegno nella scuola. Ho riflettuto sul fatto di non aver mai commesso nessun tipo di reato, di non aver mai avuto nessun richiamo. Ho dedicato alla scuola molte più ore di quelle che sono previste dal contratto e dalla funzione docente, ho avuto delle cariche all’interno delle istituzioni scolastiche in cui ho lavorato: io ho sempre dedicato tutta me stessa in ogni cosa che ho fatto, eppure mi trovavo sospesa come una delinquente, come uno di quegli insegnanti indagati per aver maltrattato gli alunni, però, senza percepire nessun tipo di stipendio, contrariamente a loro, a cui è concessa una parte della retribuzione. Inoltre, pur non essendo né licenziata né in aspettativa non retribuita, non mi è concesso di svolgere nessun altro tipo di lavoro o trovarne un altro.
E questo solo perché, per una volta, ho pensato a me stessa.
Il 1^ aprile rientrerò in servizio. Purtroppo, però, non potrò rientrare a far lezione ai miei alunni, che tanto mi aspettano, non potrò accompagnarli e condurli al termine del loro ultimo anno alla scuola primaria, come avevo loro promesso, sin dalla prima elementare.
Ed eccomi ripiombata nel baratro della disperazione.
Adesso, però, mi sento, veramente, molto più umiliata di prima.