La scuola italiana insegna a sviluppare un pensiero critico?

La scuola italiana insegna a sviluppare un pensiero critico?

Elisabetta Frezza, giurista e grande esperta di scuola, delinea un quadro della situazione scolastica italiana davvero drammatico.

Una ricerca del British Council ha evidenziato che più della metà dei leader «studiati», a livello mondiale nei settori corporate, no profit e governativi ha conseguito una laurea nell’ambito delle scienze sociali o umanistiche.

Stiamo parlando di amministratori delegati che devono gestire un’azienda. La domanda che sorge spontanea è perché vengono assunti i laureati in filosofia ?
Perché queste persone hanno un pensiero divergente e le abilità di pensiero critico consentono loro di comprendere cose che gli altri non comprendono. Il loro curriculum di studi fornisce una base che gli studenti possono utilizzare per adattarsi ai diversi contesti socioeconomici e politici in rapida evoluzione del mondo moderno. Dopo tutto la filosofia insegna letteralmente a pensare.

Ma la scuola italiana insegna ai nostri ragazzi a pensare, a sviluppare un pensiero critico?
La scuola italiana oggi è il luogo della trasmissione del sapere che comprende il rispetto per la nostra storia, per la nostra tradizione culturale, per la nostra straordinaria civiltà?

A guardare le riforme scolastiche degli ultimi decenni, a partire dal 2003 con la riforma Moratti per arrivare ai nostri giorni, non parrebbe proprio così.

Elisabetta Frezza, giurista e grande esperta di scuola, nell’intervista di Franco Fracassi delinea un quadro della situazione scolastica italiana davvero drammatico.

Gli studenti, secondo la visione mercatista della scuola, ricevono oggi una preparazione esclusivamente orientata al mondo del lavoro a scapito della formazione della persona che, una volta diventata adulta, potrà mettere le proprie conquiste intellettuali e morali a disposizione della collettività.

Forse è giunto il momento per la scuola di riappropriarsi del suo ruolo originario di fecondazione dei propri studenti paragonabili a dei campi agricoli da arare che porteranno i loro frutti nel tempo, mentre ciò a cui assistiamo è l’atto, da parte della scuola, di diserbare il campo perché non ci cresca più il pensiero.

Una linea operativa dettata, non più dal pensiero e dagli studi dei grandi pedagogisti del passato e di cui l’Italia può andare veramente fiera, ma da associazioni sovvenzionate da banche, da multinazionali e organismi finanziari, ovvero il “deep state” che suggerisce le linee delle politiche in ambito scolastico (vedi TreeLLLe).

Politiche scolastiche che vogliono trasformare gli adulti di domani in bravi cittadini che non facciano troppe domande e che obbediscano a ciò che viene detto loro di fare come delle scimmiette ammaestrate.

Il pensiero divergente diventa allora un problema. Lo studente che si distingue dal resto della classe deve essere riportato nel recinto della formalità e del conformismo. Non sono ammessi pensatori, liberi di esprimere un’opinione fuori dal coro, tutto deve rimanere nei confini della cosiddetta normalità senza tenere conto che lo sviluppo dell’essere umano è frutto di continue “ribellioni”.

Ne sono esempi illustri i grandi del passato che, senza uscire dagli schemi predefiniti dei loro tempi, non avrebbero potuto tramandare le loro scoperte e conoscenze alle generazioni successive permettendo così all’umanità di progredire.

I tagli fatti in questi ultimi anni all’insegnamento di determinate discipline, quali la storia e la filosofia, non sono certo un caso. Le materie umanistiche permettono di comprendere la natura spirituale dell’uomo, la sua vocazione, il suo destino. Studiando il pensiero antico e l’origine del pensiero, si colgono le costanti della natura umana, il nucleo profondo dell’umanità che ci accomuna ai nostri antenati, proprio quello che adesso si vuole evitare per disumanizzare completamente l’uomo.

Forse è proprio ciò che hanno compreso i grandi responsabili aziendali che assumono manager laureati in filosofia!

https://youtu.be/URATRA6Ppuk

Intervista integrale della dottoressa Elisabetta Frezza

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