Il peso del dubbio

Dopo 36 anni di vita passata a scuola non posso sparire senza proferire parola. Sparire come fanno i ladri, o gli assassini, o gli appestati, ma io non sono una ladra, non sono un’assassina e non sono un’appestata.
Sono una cittadina italiana. E poi sono un’insegnante, anzi una maestra.
Nonostante gli anni trascorsi a scuola, un concorso vinto a pieni voti, una specializzazione acquisita con 30 esami, una esperienza correlata da infiniti corsi di formazione, soggiorni a Grenoble nei mesi estivi per imparare meglio il francese a mie spese, con un servizio pressoché privo di periodi di mutua, una partecipazione attiva e assidua agli organi collegiali, alle commissioni, ai gruppi di lavoro, vengo allontanata dalla scuola.
Resistente al ricatto, quindi epurata.
Sospesa in aria, privata di dignità, accusata di non avere il senso civico, di non credere alla scienza – ma quale scienza? – di essere prigioniera di qualche gruppo che mi ha bollito il cervello.
Accusata di avere un pensiero, dico io. Di esprimere un dubbio, aggiungo.
Messa all’angolo nonostante esista un diritto al lavoro sancito dalla Costituzione Italiana.
Il lavoro che negli articoli 1 e 4 assume una duplice connotazione: come diritto e dovere, ma anche come facoltà per ciascun cittadino di scegliere l’occupazione che ritiene più confacente alle proprie inclinazioni e possibilità.
Io lo avevo scelto il lavoro più confacente alle mie inclinazioni e alle mie possibilità e ho dimostrato di avere fatto la scelta giusta.
Cosa mi induce a pensarlo? I soli e gli unici fruitori della Scuola.

Ci sono uomini e donne ormai trentenni e quarantenni che ancora mi vengono a cercare, si confidano, e insieme ripercorriamo la nostra storia e ci stupiamo con gli occhi lucidi di non avere interrotto quel legame, così forte, così vero, così umano.
Una ragazza in modo particolare mi ringrazia ancora per averle infuso fiducia, per averla sostenuta e, con l’arte della maieutica cara al nostro Socrate, per averla aiutata a “tirare fuori” fin da piccola i suoi talenti e il suo valore che le hanno permesso di togliersi di torno quel marchio che le era stato cucito addosso.
Ci sono dei momenti in cui mi sembra solo un brutto sogno, invece no, non lo è.
È tutto maledettamente vero.
Riempio le mie giornate di parole, di scrittura e di letture per occupare ogni angolo del mio cervello per non lasciare un solo neurone libero di vagare. Tutto occupato. Ogni spazio.
Sono pronta ad essere accompagnata alla porta.
Testa alta e coscienza pulita, mi appresto a percorrere l’ultimo miglio verde e a salutare tutti, come deve essere.
Ciò che poi occupa il mio cuore non è dato a sapersi. Trasformerò il dolore in forza e orgoglio. Nessuna ostinazione, come qualcuno mi dice. Piuttosto cognizione.

Credo di poter immaginare i pensieri di coloro ai quali sono rivolte le mie parole. Volti segnati da ghigni compiaciuti, come a dire, “Cosa pensava di fare quella maestra così fuori dagli ingranaggi che si è agitata una vita con le sue teorie balzane di scuola: una scuola senza compiti a casa, senza schede da scaricare dal web e da incollare per fare aumentare il volume dei quaderni, senza fretta di concludere un programma fantasma, senza memoria di firmare un registro mistificatore, senza invalsi, senza segnalazioni, senza gruppo dietro il quale nascondersi, senza mascherina, senza regole?
Non mi stupirò se la massima preoccupazione di chi mi è stato accanto sarà quella di ricordarmi dei miei obblighi burocratici in quanto distributore di voti o giudizi, e se nessuno si chiederà il perché delle mie scelte, né avrà la voglia o il piacere di ascoltare le mie ragioni.
Per difendermi da tanta indifferenza mi viene in aiuto Dante che attraversando il girone degli ignavi invitava Virgilio a proseguire il cammino sentenziando: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa (Inf. III, 51)». Gli ignavi, coloro che per viltà nella loro vita non si schierano mai e di cui il Sommo ha una pessima opinione, vengono collocati nell’Antinferno cosa che li rende inferiori perfino dei dannati che perlomeno hanno scelto una strada e preso una posizione, seppur quella della perdizione.
Da tutta questa storia, la mia e quella di tanti insegnanti come me, emerge una unica certezza: sono una strega e lo sono sempre stata del resto, una di quelle donne che nel Medioevo volevano disegnare il proprio destino invece che piegarsi alla discriminazione decretata da sepolcri imbiancati e imbellettati di Chiesa e Stato. Innumerevoli volte ho deliberatamente deciso di non farci caso.
Sono talmente strega che si è materializzata intorno a me una caccia alle streghe e sono stata cacciata dal posto sicuro che avevo occupato. E non era sicuro per via di uno stipendio, era sicuro perché io in quel posto sentivo di essere me stessa. Paola. La mia vera me stessa.

Ora ho paura e alla paura si confonde lo sgomento e allo sgomento la nostalgia e alla nostalgia la voglia di rivalsa e alla voglia di rivalsa la certezza che non ci sarà rivalsa, ma ci saranno dignità e onore.
Stop.
Bisogna resettare e resistere.
Ho sempre pensato che mio padre non si fosse arricchito perché oltre ad essere onesto e generoso, amasse troppo il suo lavoro. Lui passava le domeniche sui cantieri, a parlare con i clienti, a controllare che i muri fossero dritti, ma non solo dritti anche belli e a notte fonda faceva conti e scriveva a mano o con la sua Olivetti Lettera 32 i preventivi. Oppure disegnava caminetti su un blocco notes spesso con la bic se le matite erano spuntate, caminetti che poi costruiva con le sue mani. Era il suo talento. Poi mica li chiedeva i soldi ai debitori. No. Lui non ci riusciva e non era stupido, era profondamente buono.
Ho trascorso la mia vita a pensare a cosa inventarmi per il giorno dopo, per la settimana dopo, per l’anno dopo, per l’istante dopo. Attenta ad ogni minuscolo movimento facciale dei marmocchi che avevo attorno. Attenta ad ogni cambiamento di umore. Non c’è stata una sola tristezza che io non abbia preso in considerazione, nessuna ingiustizia che io non abbia risolto. Nessuna virgola lasciata al caso. Nessuna parola lasciata senza una spiegazione.
Ho raccontato di pittori, scrittori, musicisti, filosofi
Ho raccontato la mia storia perché dalla mia storia si potesse capire la storia degli uomini. Le ho inventate le storie e con esse canovacci da mettere in scena e cucito vestiti.
Ho nascosto “temperanasi” negli armadi, ho catturato parole che volavano nell’aria e liberate altre che erano prigioniere su un foglio. Ho fatto dettati fantasma e ho arrotolato fili per comporre trame del discorso. Ho asciugato lacrime, disinfettato ferite, ho fermato epistassi con l’acqua fresca, ho ascoltato segreti confidati a voce bassa, ho raggiunto rifugi, offerto rifugio, ho fatto lunghi viaggi e cantato a squarciagola. Ho accarezzato fronti che scottavano, ho districato nodi e rimesso orecchini al loro posto e scovato spine intrufolate sotto la pelle di mani morbide.
Ho fatto la maestra e pensavo ci fosse ancora molto da fare, nonostante tutto. Tanto da fare e ancora tanto da cambiare.
Nel fare tutto quello che il cuore e la ragione mi suggerivano, ho tappezzato le aule di democrazia, di lealtà, di impegno, di onore, di memoria, di riconoscenza e ho stracciato manifesti di paura, menzogna, ignoranza e invidia.

La caccia alle streghe è iniziata e come ogni strega che si rispetti anch’io sarò cacciata per non aver ingerito una pozione che non mi garantirà di non ammalarmi, non mi renderà più sana di quello che già sono.
Io ho un altissimo senso civico.
Me lo dice la mia coscienza e la mia conoscenza. Me lo dicono i libri che ho letto, i pittori che ho mostrato, la musica che ho fatto ascoltare, le poesie, i racconti, un Piccolo Principe che sostiene che l’essenziale è invisibile agli occhi, un Buck che ha sentito il richiamo della foresta e ha raggiunto il branco dei lupi. Me lo dicono lo Spaventapasseri e il Leone insieme a Dorothy, me lo dice Neftali, me lo dice il Signor Scrooge, me lo dicono anche Giosué e Guido, me lo dice Anna, me lo dicono Giovanni e Paolo, Julia Butterfly e l’uomo che piantava gli alberi.
Me lo dicono Dante, Caravaggio, Leonardo, Mozart, Alessandro Manzoni, Galileo, Enrico Fermi, Voltaire, Socrate, Aldo Moro, Francesco Cossiga, Primo Levi, Orwell, Gesù.
Posso solo essere me stessa.
Brava.
Coraggiosa.
Anche per voi.
Soprattutto per voi, bambini di oggi, adulti di domani.
